Il gup di Milano, Giuseppina Barbara, ha rinviato a giudizio tutti i 15 imputanti, tra cui Claudio Descalzi e Paolo Scaroni e le società Eni e Shell, per il caso della presunta maxi tangente da un miliardo e 300 milioni di dollari versata dai due gruppi
a pubblici ufficiali e politici nigeriani per lo sfruttamento del giacimento petrolifero Opl 245. Il processo si aprirà il prossimo 5 marzo davanti alla decima sessione penale del Tribunale.
Descalzi è imputato di corruzione internazionale, mentre Eni risponde della violazione della legge 231 del 2001 sulla responsabilità delle società per i reati commessi da loro dipendenti. Tra le altre persone rinviate a giudizio, figurano anche l'ex ad di Eni, Paolo Scaroni, l'uomo d'affari Luigi Bisignani, considerato uno tra i mediatori della presunta tangente, e la multinazionale petrolifera Shell.
Il cda del Cane a sei zampe ha commentato la notizia confermado "la fiducia circa la estraneità di Eni alle condotte corruttive contestate" e ha "confermato la massima fiducia nell'ad Claudio Descalzi, sulla sua totale estraneità alle ipotesi di reato contestate e, in generale, sul ruolo di capo azienda". "Eni esprime piena fiducia nella giustizia e nel fatto che il procedimento giudiziario accerterà e confermerà la correttezza e integrità del proprio operato".
Il giudice ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio formulata del neo procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e dal pm Sergio Spadaro, titolari delle indagini sulla presunta maxi tangente di 1 un miliardo e 92 milioni di dollari versata per l'acquisizione, nel 2011, del giacimento petrolifero. Quindi, oltre a Descalzi e Scaroni, Eni e Shell, sono stati mandati a processo per corruzione internazionale, anche tre manager, tra cui l'allora capo della divisione Esplorazioni, Roberto Casula, e l'ex dirigente nell'area del Sahara Vincenzo Armanna. E poi tre persone ritenute intermediarie tra cui Luigi Bisignani e Gianfranco Falcioni, uomo d'affari e ai tempi vice console onorario in Nigeria, quattro manager della compagnia petrolifera olandese, tra i quali Malcolm Brinded e anche l'ex ministro nigeriano Dan Etete.
Secondo i pm, come ricostruito negli atti, sarebbe stato l'allora ad Scaroni a dare "il placet all'intermediazione di Obi" Emeka , presunto intermediario nigeriano delle mazzette (a processo in abbreviato con un altro presunto intermediario Gianluca Di Nardo), "proposta da Bisignani e invitando Descalzi", all'epoca dg della divisione Exploration & Production Eni, "ad adeguarsi". Sia Scaroni che Descalzi poi secondo l'accusa, avrebbero incontrato "il presidente" nigeriano Jonathan Goodluck "per definire l'affare". Una ricostruzione che le difese, assieme ai loro assistiti, hanno sempre respinto. Ora la parola passa al Tribunale.
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